Gli angeli bruciano

storia di un oblio

«Gli angeli bruciano», disse Francesca.

«In che senso?» Chiese Enrico.

Nel senso che quando ti si avvicinano ti bruciano, perché tu, come essere umano, non puoi sopportare tutto il loro calore. 

Giovanni ascoltava divertito il dialogo fra i due bambini. Non aveva mai riflettuto sugli angeli e il loro fulgore. Non aveva mia riflettuto sulla forza degli angeli e sul loro ruolo nel mondo e nemmeno sul loro rapporto con gli esseri umani. Stava camminando per le vie di Sirmione, immerso in questi pensieri, quando vide una persona che conosceva appoggiata alla porta di una chiesa. Era una piccola chiesa e non l'aveva mai notata. Incuriosito attraversò la strada per vederla meglio.

Mentre camminava osservando la statua un'auto lo investì.

L'urto fu talmente forte che il corpo di Giovanni venne proiettato a venti metri dal luogo dell'impatto. 

Mentre cadeva a terra sentiva ancora nelle orecchie il suono del clacson e le urla di alcune persone che dal marciapiede avevano assistito all'impatto. 

Dopo il colpo Giovanni si alzò dalla strada su cui c'erano tracce del suo sangue. Non sentiva nulla. Sorrise e si girò verso le persone che lo circondavano.

«Sto bene», disse. «Non mi sono fatto nulla».

Ma le persone sembravano non sentirlo, non lo ascoltavano; guardavano tutte verso terra, accanto a lui. Incuriosito, Giovanni abbassò gli occhi verso i suoi piedi. E vide il suo corpo disteso a terra. Lui era in piedi e il suo corpo era a terra. Come era possibile?

Si guardò le mani: sembravano trasparenti. Un'immensa tristezza lo avvolse. Poi si sentì calmo e distaccato e mentre la folla si accalcava attorno al suo corpo, Giovanni si allontanò verso il parco. Si sedette su una panchina e aspettò. Non provava freddo, anche se era nudo e trasparente. Nei giorni seguenti non fece altro che vagare per il centro della sua città. Non incontrò altri spiriti ma solo esseri umani che non potevano vederlo. E poi all'improvviso vide lei. Bellissima, con i capelli castani e gli occhi neri; camminava da sola su un marciapiede illuminato dal sole, ma attorno a lei c'era una luce meravigliosa, cangiante, sfumata e che cambiava continuamente. Giovanni era completamente affascinato da questa visione. Si innamorò all'istante, solo osservando l'ondeggiare dei suoi capelli, il colore castano che sfumava nel biondo e poi quel calore che proveniva da lei, sempre più forte. Infatti, man mano che Giovanni si avvicinava alla ragazza, percepiva un calore strano, fortissimo, intensissimo che proveniva dal suo corpo. Era strano perché non aveva mai percepito in quegli ultimi giorni di solitudine alcun cambiamento nella temperatura esterna, mentre adesso sentiva questo caldo strano. E continuava ad aumentare!

Giovanni cercò di raggiungere la ragazza ma ogni volta che si avvicinava troppo il calore diventava insopportabile. Si allontanò di alcuni metri per non bruciare e la seguì fino a casa sua. Lei abitava in un palazzo del centro, in un appartamento signorile, pieno di libri e abiti. Amava molto la moda e leggeva romanzi e saggi di filosofia. L'idea di poterla osservare tutto il giorno lo rendeva felice. "In fondo non c'è nulla di sbagliato nell'osservarla con amore", pensò. E così fece. Passava le sue giornate a guardarla. Ormai si era installato in casa sua e da una poltrona la osservava mentre passeggiava per la casa, quando parlava con un'amica per telefono, quando stendeva i panni o faceva ginnastica. Lei non aveva più alcuna intimità, eppure non c'era nulla di scabroso nell'atteggiamento di Giovanni; non la spiava ma l'amava. E il suo vivere sospeso fra osservarla e non poterla toccare lo teneva in una costante vibrazione, facendolo sentire vivo malgrado fosse morto. 

La ragazza conduceva una vita discreta, anche se era piena di amici e quando usciva di casa Giovanni la seguiva. Non riusciva però a memorizzare il suo nome; ogni volta che qualcuno lo pronunciava, lui non riusciva a ricordarlo, lo dimenticava subito. Perché? si chiedeva. Ogni sforzo era inutile, il nome di lei non gli rimaneva in testa. Aveva però uno strano potere su di lei. Quando la ragazza stava male, aveva mal di testa, era confusa, non riusciva a compiere bene un lavoro o perdeva concentrazione, lui poteva aiutarla semplicemente avvicinandosi al suo corpo; a quel punto sentiva calore, un calore intenso che uscendo da lei la rigenerava dandole la forza di riprendersi. 

Giovanni voleva vivere così, sospeso fra uno sguardo e il rischio di bruciare, immobile fra il calore della ragazza e la possibilità di rimanere con lei per sempre. In un certo senso voleva essere il suo angelo custode; interpretare un ruolo senza tempo. Giovanni si impose di rimanere con lei e così fece per giorni, settimane e mesi. Ma la sua resistenza, motivata e alimentata dal piacere di guardarla cominciava a scemare, a perdere forza.

Giovanni si rendeva conto che la curiosità di conoscerla non era sufficiente, voleva toccarla, abbracciarla, stringerla a sé; provava per lei un'attrazione che sfumava nell'amore, nel dolore di non essere ricambiato, nella curiosità di vivere con lei una relazione completa e nella certezza che le voleva appartenere. Giovanni si sentiva lontano benché le fosse vicino. Un giorno decise che l'avrebbe toccata, che anche a costo di bruciarsi l'avrebbe abbracciata. Si sedette su una sedia e attese che la ragazza uscisse dalla sua stanza da letto; quando sentì la porta aprirsi si alzò di scatto e si precipitò verso di lei. Di colpo però si fermò, qualcosa lo tratteneva, sentiva una mano artigliargli la spalla, si girò e vide la ragazza sorridergli e guardarlo negli occhi. Era un sorriso meraviglioso. Giovanni si girò verso la camera da letto, non c'era nessuno, era vuota; si rigirò indietro e la vide ancora, sorridergli, meravigliosa. Com'era possibile? Lei lo stava toccando e lui non bruciava; di colpo una luce abbagliante investì la stanza; Giovanni non riusciva a vedere nulla, era circondato da un bagliore fortissimo. Tutto era silenzio e calma, lui stesso era tranquillo e si sentiva sospeso in una condizione di benessere fisico e mentale. In fondo a quella che un tempo era la casa della ragazza ma adesso sembrava un luogo sospeso nella luce, vide una linea verticale di colore arancione, sembrava una sbarra non più alta di un metro. Si avvicinò e la toccò. Un forte calore investì la sua mano; la ragazza era sempre dietro a lui e gli premeva dolcemente la spalla. Giovanni non aveva il coraggio di parlare alla ragazza che aveva osservato per tutto quel tempo, contemporaneamente sentiva un'attrazione straordinaria per quella linea arancione; la sollevò per aria e con una forza incredibile si sentì volare via, trasportare in alto sempre più velocemente. Ad un certo punto la ragazza gli lasciò la spalla e volò via. Giovanni la guardò mentre si allontanava e continuò a salire spinto dalla forza della linea arancione.  Dopo molto tempo giunse in un luogo sospeso, dove lui e la linea iniziarono a fluttuare. Davanti a lui c'era una sorta di bacheca altissima, la sommità si perdeva nell'infinito ed era anche lunga al di là di ogni immaginazione; era come un muro invalicabile e dai confini impossibili da misurare. La bacheca era formata da un'infinità di celle alte due metri e lunghe uno. Una di queste celle era libera, mentre le altre erano occupate da uomini e donne dal volto giovanile. La linea arancione lo trascinò dolcemente nel suo anfratto, dove Giovanni prese posto, in piedi, dritto come una statua. Capì immediatamente che sopra, sotto e intorno a lui le altre celle erano piene di angeli che aspettavano la loro missione. Giovanni rimase immobile e in uno stato di beatitudine. Sapeva cosa avrebbe fatto, lo sentiva dentro di sé; percepiva le parole che nessuno gli avrebbe detto; sentiva con certezza assoluta che era diventato un angelo come la ragazza che aveva osservato per tanto tempo e capii che a breve, anche lui, avrebbe avuto una missione da compiere, aiutare una persona sulla Terra a trovare la via per diventare un angelo. 

© Fulvio Caporale

Data di pubblicazione: venerdì 5 dicembre 2025 • Pubblicato in: Racconti
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